E se vi dicessimo che servono più dati disaggregati che tengano conto del genere per permettere un monitoraggio efficace delle politiche pubbliche?
Immaginiamo che rispondereste in coro: “niente di nuovo sotto al sole”!
Dovreste essere infatti abituati al nostro mantra sull’importanza dei dati, su quanto sia fondamentale soprattutto che siano inclusivi e che parlino a tutti e per tutti.
Il Think Tank Period muove i suoi passi proprio a partire da questa stessa riflessione e in collaborazione con la regione Emilia Romagna, a fine Novembre 2021, ha organizzato un convegno per richiedere dati disaggregati per genere al fine di monitorare l’efficacia del PNRR.
Perché è importante considerare i dati di genere?
L’Italia, secondo il Gender Equality Index 2021, si colloca al quattordicesimo posto nella classifica dei 27 paesi dell’Unione Europea. Lo score complessivo, visto anche il posizionamento, è al di sotto della media Europea.
Abbiamo collezionato un punteggio scarso per quel che riguarda la posizione lavorativa: l’accesso al lavoro delle donne misurato tramite l’equivalenza in full-time (così da tenere conto della larga quota di donne che utilizzano il lavoro part-time) è del 31%, contro il 52% degli uomini e contro il 41% delle donne della media EU.
Altro aspetto interessante, il punteggio dedicato alla violenza non è stato compilato per l’Italia, così come per nessun paese. Indovinate il motivo.
Non ci sono i dati che ne permettano la comparazione tra i paesi dell’Unione Europea.
Come è possibile che su un tema così importante e urgente non ci siano dati sistematici ed organizzati che ci aiutino a tracciare la situazione in Europa.
I dati per costruire politiche pubbliche
Ed eccoci quindi arrivati al vivo della questione. I dati servono a fotografare lo stato delle cose, e servono per aiutarci a tracciare delle politiche pubbliche adeguate.
Il PNNR, a cui ha prestato attenzione il convegno “DATI PER CONTARE. Statistiche e indicatori di genere per un PNRR equo” rappresenta una grande occasione per colmare il divario di genere multidimensionale che esiste in Italia.
Eppure gli interventi dedicati alle donne rappresentano solo l’1.6% del totale, il 18.5% invece riguarda misure che potrebbero avere effetti positivi indiretti sulla riduzione del divario di genere. Infine, la restante parte ha la possibilità di incidere e migliorare la vita delle donne solo in base al tipo di intervento che verrà disegnato.
E se mancano i dati, come facciamo a direzionare gli investimenti?
Quindi, se l’effetto positivo degli investimenti dipende da come sono disegnate le politiche pubbliche per l’attuazione degli stessi. E se per disegnare le politiche pubbliche abbiamo bisogno dei dati. Va da sé che senza dati disaggregati per genere sarà più difficile pensare ad un framework che tenga conto delle donne.
Per questo è fondamentale l’attività di advocacy per costruire statistiche di genere, raccogliere e rendere disponibili dati che includano le donne.
Solo così sarà possibile creare spazi di confronto tra istituzioni e società civile per favorire il monitoraggio degli investimenti (inclusivi!) del PNRR.
Come sempre, i dati non costituiscono la panacea per tutti i mali, ma possono aiutare a tracciare il quadro di un fenomeno. Se sono inclusivi e tengono conto davvero di tutto, lo fanno meglio e possono essere degli strumenti cruciali per indirizzare i policy-makers.