Venerdì abbiamo dato un’occhiata veloce al report “Il divario digitale di genere“, abbiamo visto qualche curiosità.
Ma avevamo promesso che saremmo andati più a fondo. Ed eccoci pronti dunque ad una lettura più approfondita di questo interessante lavoro.
Il World Economic Forum ha dichiarato che il 65% degli studenti che sta cominciando le scuole primarie, svolgerà un lavoro di cui oggi non conosciamo nemmeno l’esistenza.
Eh sì, avete capito bene, in pochi anni il mondo del lavoro sarà completamente innovato. Saranno richieste in campo nuove competenze, ed ovviamente la tecnologia sarà un pilastro.
Interessante e sfidante allo stesso tempo. Sfidante, soprattutto in Italia, dove il divario digitale di genere sembra piuttosto marcato.
Secondo il rapporto, il 69% degli occupati nel settore AI e dati è rappresentato da uomini, nel cloud computing e nell’ingegneria la rappresentanza maschile corrisponde all’83 e 81% rispettivamente.
I settori ad alta crescita economica, cosiddetti STEM, sembrano essere a totale appannaggio di uomini. Lo stesso divario si ritrova in ambito formativo: le discipline a carattere scientifico vedono una percentuale di laureati maschi nettamente superiore rispetto alle donne. Trend che si inverte per le materie umanistiche, quali le discipline linguistiche, psicologiche e dell’insegnamento.
Sembra proprio che non abbiamo superato quella netta divisione dei ruoli di genere.
Se non ci basta, andiamo a vedere la situazione lavorativa di uomini e donne, che hanno ottenuto una laurea nelle discipline STEM.
La percentuale di donne che ha un’occupazione è dell’85% rispetto al 93% degli uomini.
E se guardassimo alla stabilità di questo impiego, beh, il divario si amplia.
Dopo 5 anni dalla laurea sono circa il 45% le donne che hanno un impiego stabile, contro il 63% della loro controparte maschile. Inoltre, i colleghi uomini guadagnano quasi il 24% in più delle loro colleghe donne
Dato ancor più significativo se affiancato ai risultati conseguiti dalle donne, le quali ottengono un risultato più alto in minor tempo e sono più propense ad aderire a programmi internazionali e ad avere un’esperienza lavorativa contemporaneamente agli studi.
Ma quali sono le ragioni del divario digitale?
E se vi dicessimo gli stereotipi di genere, ci credereste? Eh sì, sembra che ad influenzare il divario ci siano proprio le norme sociali e culturali. Le donne affrontano molti più ostacoli sociali, rispetto agli uomini, ed il gap si amplia con la persistenza dei ruoli di genere.
Il mondo digitale è infatti declinato al maschile, a scuola le ragazze godono di minore fiducia nella loro buona riuscita in discipline matematiche e scientifiche, con delle ripercussioni sulla fiducia in loro stesse ed autostima.
Senza contare la vita familiare e l’avvento dello smart working. Avevamo già parlato del divario di genere nella cura della famiglia e nella gestione del tempo. Lo smart working ha senza alcun dubbio agevolato l’equilibrio tra vita familiare e lavorativa, tuttavia non per tutte.
I dati dell’Istat hanno confermato lo svantaggio tutto femminile, a dicembre 2020 sono 99 mila le donne che hanno perso il lavoro a fronte di soli 2 mila uomini.
Una regolamentazione dello smart working potrebbe facilitare ed incoraggiare l’accesso al mercato del lavoro da parte delle donne.
Dunque, perché colmare il divario di genere digitale?
Colmare il divario digitale di genere è a beneficio dell’intera collettività e dell’economia. Le donne devono poter cogliere le opportunità del settore informatico e digitale, soprattutto in un momento come questo, in cui la pandemia ha reso evidente quanto siano fondamentali le competenze ICT nel mercato del lavoro, in tutti i settori.
Non è dunque trascurabile il posizionamento dell’Italia in Europa a riguardo. Azioni per colmare questa distanza sono necessarie, a tutti i livelli.
Dalla scuola fino al mondo del lavoro, passando per la famiglia, il cambiamento è ora!