Come sono messe le imprese italiane in termini di intensità digitale? Vediamo insieme qualche numero e percentuale.
Come sempre faremo un viaggio nei dati e dalla nostra cassetta degli attrezzi prendiamo il report dell’ISTAT su imprese e ICT.
La transizione digitale è stata una delle frasi chiave del 2021: la diffusione della pandemia e in generale la sempre più elevata tecnologizzazione dei servizi ci hanno messo davanti l’evidenza. La digitalizzazione è urgente.
Vediamo allora come abbiamo chiuso il 2021 e quali sono gli aspetti su cui possiamo ancora migliore.
Anzitutto, la nota metodologica!
Come abbiamo sempre detto attraverso questi nostri articoli settimanali, i dati sono fondamentali. Sì, fin qui nulla di nuovo. Ma lo è ancora di più, al fine del loro utilizzo e soprattutto della loro comprensione, capire come sono stati raccolti e quali informazioni forniscono (e quindi cosa lasciano fuori!).
Quindi, come regola generale ricordiamoci sempre di controllare che dati stiamo guardando e come sono sintetizzati.
Poniamoci delle domande: cosa vogliono rappresentare questi dati? A che domande vogliono rispondere?
Una volta che abbiamo in mente questo sarà più facile farne una lettura, anche critica. Capire cosa non stiamo considerando e anche uscire dalla logica delle “classifiche”.
Bene, ora andiamo al punto
Il rapporto ISTAT offre molte comparazioni del nostro Paese con altri paesi Europei e con la media raggiunta dall’EU nell’ultimo anno.
Questi confronti si basano sui dati pubblicati all’interno del Digital Economy and Society Index (DESI) preparato dalla Commissione Europea, con l’obiettivo di monitorare i progressi dei Paesi membri sugli obiettivi di digitalizzazione e della transizione tecnologica.
E allora a che punto sono le nostre imprese con la digitalizzazione?
Il 60% delle imprese ha almeno un livello base di intensità digitale, ci posizioniamo 4 punti percentuali al di sopra della media EU (56%).
Ma questo cosa significa? Come si misura l’intensità digitale?
Stiamo parlando di un indicatore sintetico che misura l’utilizzo da parte delle imprese di 12 diverse tecnologie digitali. Qualche esempio: la presenza di addetti specialisti in ICT in impresa, analisi di big data, utilizzo di robot e stampanti digitali. Il valore dell’indice varia da 1 a 12, l’impresa guadagna un punto per ciascuna area di interesse ed individua quattro intensità digitali in funzione del numero di attività svolte dall’impresa: fino a 3 attività (livello molto basso), da 4 a 6 (livello basso), da 7 a 9 (livello alto), da 10 a 12 (livello molto alto).
Quindi, in base a questo indicatore possiamo desumere che il 60% (che occupa il 78% degli addetti) delle nostre imprese ha un livello base di intensità digitale (almeno 4 di questi indicatori, soprattutto per le piccole e medie imprese). La quota invece delle grandi raggiunge il suo massimo intorno alle otto attività, per poi registrare una diminuzione. Sintomo che la dimensione dell’azienda conta nell’adozione di nuove tecnologie.
Siamo invece ancora ben lontani dal diventare imprese ad alta intensità tecnologica: solo 6 imprese su 100 utilizzano sistemi di intelligenza artificiale.
Anche la vendita online sembra essere ancora ben lontana dall’essere ampiamente diffusa, nel 2020 sono infatti il 18% le imprese con almeno 10 addetti che hanno effettuato vendite online. Nonostante la pandemia, e la spinta quindi dei consumatori ad acquistare di più online, siamo ancora al di sotto della media UE (23%). Miglioreremo entro la fine dell’anno?
Quindi…
Come sempre questa carrellata di dati ci è utile sia per conoscere lo stato delle nostre imprese circa l’aspetto della digitalizzazione, che ci sta particolarmente a cuore, ma soprattutto per capire come leggere il dato. Ad esempio ci basta sapere che il 60% delle imprese vanta almeno un’intensità digitale di base? Forse no, se non sappiamo cosa significa, come è misurata e quale è la distanza invece per raggiungere un più alto livello (cioè quanto ci manca per salire un po’ più su!).