La diffusione della pandemia e le misure che i Governi hanno dovuto intraprendere per limitarne gli effetti hanno avuto come effetto quello di limitare la nostra mobilità.
Il lockdown nazionale inizialmente e poi le zone rosse su base regionale e territoriale sono state misure volte a ridurre il più possibile gli spostamenti. Da qui la necessità di virare le nostre attività quotidiane come quelle di lavoro e studio dalla dimensione in presenza a quella totalmente online.
Gli spostamenti si sono ridotti in maniera significativa, ma come erano i dati prima dell’avvento di queste misure?
Il censimento permanente dell’Istat sugli spostamenti della popolazione residente in Italia ci aiuta a definire un quadro chiaro di come e quanto ci spostavamo prima della pandemia.
Ma cosa è il censimento permanente?
Il censimento permanente è una raccolta dati campionaria e continuativa, a cadenza annuale e triennale. ISTAT ha scelto di implementare il censimento permanente. Questo è utile sia a favorire il processo di modernizzazione sia per attuare una strategia coerente con le politiche di sviluppo europee. Il censimento permanente riguarda tutte le aree tematiche di cui si occupa il nostro Istituto Nazionale di Statistica (ad esempio la popolazione, le imprese, le istituzioni pubbliche e l’agricoltura).
Disporre di censimenti permanenti è un gran vantaggio: ci permette infatti di avere dei dati aggiornati, raccolte di tipo campionario che però sono estensibili e dunque rappresentative dell’intera popolazione italiana.
Beh, ma stavamo parlando degli spostamenti prima della diffusione della pandemia, torniamo là.
Nel 2019 le persone che hanno effettuato spostamenti quotidiani per recarsi sul luogo di lavoro o di studio sono state oltre 30 milioni. Dunque, il 50,7% della popolazione residente in Italia si sposta giornalmente, in aumento rispetto al 2011 (48,6%).
Di queste, oltre 20 milioni si spostano per motivi di lavoro, corrispondente al 67,9% delle persone, mentre quasi 10 milioni (il 32,1%) per motivi di studio. Si spostano più uomini che donne, per entrambe le ragioni.
Il 57,5% degli spostamenti è avvento nel comune presso cui si abita, mentre il restante 42,5% ha avuto come destinazione finale un comune diverso rispetto a quello di dimora abituale.
Quale regione si sposta di più?
La percentuale di spostamenti è abbastanza eterogenea per geografia. Le regioni in cui ci si sposta di più per motivi di lavoro corrispondono alla macro area del Nord Italia, quelle regioni con il tasso di occupazione più elevato. Nelle regioni del Mezzogiorno sono più rilevanti gli spostamenti verso il luogo di studio. Tuttavia Roma, appartenente al Centro Italia, risulta la città con la percentuale maggiore di spostamenti dovuti proprio allo studio (18%). Mentre Bologna detiene il primato per spostamenti dovuti al lavoro (40%).
Ma perché è così importante conoscere i dati?
Conoscere con precisione l’andamento degli spostamenti della popolazione sul territorio italiano permette di attuare delle politiche pubbliche adeguate. I dati servono proprio a questo, conoscere il territorio e quindi intervenire e servirlo in maniera adeguata.
Sapere ad esempio che a Roma c’è una grossa fetta di popolazione che si sposta per ragioni di studio, presumibilmente restando nello stesso comune di appartenenza, permette di gestire la mobilità e l’organizzazione del trasporto pubblico rispondendo proprio a questa esigenza.
Questo è il potere dei dati e della loro analisi!