Tornati dalle vacanze di Natale e pronti a tuffarci di nuovo nel mondo dei dati, anzi più precisamente oggi ci occuperemo dell’importanza degli open data.
Noi siamo prontissimi: abbiamo utilizzato questo periodo di pausa per riposarci un po’ e ricaricare le batterie.
Cominciamo il 2022 con una analisi sulla Open Data Maturity dell’Italia e ne faremo un confronto con il resto dell’Unione Europea. Utilizzeremo a questo scopo il rapporto curato da data.europa.eu che si occupa di open data guardando a molteplici aspetti e utilizzando diverse metriche.
Le domande a cui risponde il rapporto si concentrano su 4 aspetti cruciali degli open data:
- politiche: quali sono le principali strategie e politiche dei dati di ciascun paese?
- impatto: i dati sono ri-utilizzati?
- portali: le piattaforme per accedere ai dati sono funzionali? Supportano le interazioni dell’utente con la comunità che se ne occupa?
- qualità del dato: quali sono i meccanismi che assicurano una buona qualità del dato (e del metadato, certamente)?
Il rapporto attraverso l’uso di metriche e indicatori sintetici ci restituisce il quadro generale di ciascun paese, evidenziando le migliori pratiche attuate in modo da sensibilizzare anche altri paesi al miglioramento continuo. L’obiettivo cardine è quello di promuovere la cultura dei dati aperti.
Vediamo come si posizione l’Italia!
Per prima cosa dobbiamo capire come “funziona” il report. Ossia come valuta la performance, che output fornisce.
Ogni macro-area (le 4 che abbiamo elencato poco sopra) è composta da ulteriori indicatori (metriche). A ciascuna di esse viene attribuito un punteggio massimo. La somma dei punteggi ci riferisce la performance di ogni paese, la comparazione tra questi punteggi ci aiuta a costruire la classifica finale.
Il punteggio massimo, considerando la somma dunque di ogni metrica delle 4 aree, è pari a 2600.
Qualche paese raggiunge questa vetta?
No nessuno, ma la Francia ci va molto vicina totalizzando il 98% del punteggio totale.
Tornando invece all’Italia, la classifica generale ci vede al quarto posto (considerando come singola posizione tutti gli ex aequo) con il 92% del punteggio totale. Ad occupare la quarta posizione siamo in compagnia di Slovenia, Austria e Paesi Bassi.
Sembra proprio un ottimo posizionamento. Ma siete curiosi di scoprire come se la cava il nostro Paese rispetto a ciascun indicatore?
Andiamo nel dettaglio
Il primo indicatore che si riferisce allo sviluppo e disegno di politiche pubbliche raggiungiamo quasi il massimo punteggio possibile. Un totale di 640 su 650 punti disponibili.
Andiamo ottimamente per quel che riguarda lo sviluppo di un quadro politico adeguato e nell’implementazione dello stesso, perdiamo invece 10 punti totali per quel che riguarda la governance degli open data.
Sull’impatto degli open data abbiamo il punteggio pieno: abbiamo una consapevolezza strategica sull’utilizzo dei dati ed un impatto chiaro e definito sugli aspetti politico, economico, sociale ed ambientale.
Zoppichiamo invece di più sulla qualità del dato e l’accesso ai portali. Su queste due aree perdiamo maggior terreno rispetto alle possibilità totali.
Sul primo aspetto, dobbiamo migliorare la attualizzazione dei dati e la loro completezza. Ad esempio, un cambio dei dati alla fonte non si sincronizza immediatamente con i nostri portali nazionali e non sempre sono disponibili dati attuali e serie storiche complete.
Guardando invece ai portali, possiamo migliorarne la fruibilità per gli utenti e facilitare la comunicazione tra coloro che pubblicano i dati e gli utilizzatori. Creare dunque delle vere e proprie community di utilizzo dei dati.
Siamo a buon punto
Il rapporto evidenzia gli aspetti cruciali circa gli open data e ci fornisce una panoramica generale sullo stato dell’arte per ciascun paese.
Guardare a queste metriche può essere molto utile, perché ci da un’idea delle aree in cui potremmo implementare dei miglioramenti.
Questo è cruciale in un modo sempre più dipendente dai dati. Siamo a buon punto, abbiamo un buono score ed in ogni area ci posizioniamo al di sopra della media EU (27 paesi). Ma grazie al report possiamo scovare dove migliorare e prendere ad esempio le buone pratiche di Paesi che si posizionano meglio di noi.
I dati sono sempre utili e la loro analisi critica può aiutarci ad indirizzare alcune politiche pubbliche, e questo è il nostro messaggio di buon inizio anno!