Il 9 Luglio è stato pubblicato il Rapporto Annuale 2021 redatto dall’Istat. La ventinovesima edizione del Rapporto analizza la situazione emersa dall’emergenza sanitaria e ne considera gli effetti sulla società e sull’economia italiana.
In questa occasione analizzeremo insieme i risultati proposti dal terzo capitolo, che si concentra su capitale umano e disuguaglianze.
Proveremo insieme a vedere quali sono i fattori di rischio e quali le fasce di età più esposte e vulnerabili e soprattutto, faremo un confronto con il resto d’Europa. Il 2020, sappiamo essere stato un anno particolare e più complesso, proveremo dunque a tenerne conto ed evidenziarne gli effetti.
Partenza!
Istruzione: la prima nota dolente
Siamo meno istruiti rispetto alla media Europea. Solo il 20% degli italiani con età compresa tra i 25 e i 64 anni ha un titolo universitario, contro il 32,5% (dato medio) dei Paesi UE27.
Se ci focalizziamo sui giovani, vediamo che la situazione non cambia affatto. Quasi il 28% dei giovani italiani nella fascia di età 30-34 ha conseguito una laurea, contro il 40% dei Paesi EU. Le donne hanno una migliore probabilità di laurearsi rispetto agli uomini, con oltre il 34% contro il 21% dei loro pari di genere maschile.
Nell’anno 2020 è il 13,1 la percentuale dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato precocemente gli studi. In particolare la pandemia in questo caso ha sortito un doppio effetto: il tasso di occupazione è diminuito, mentre il numero di ragazzi con abbandono scolastico precoce che intende entrare nel mondo del lavoro è aumentato. Sono oltre 2 milioni (il 23% del totale) i giovani tra i 15 e i 29 anni non inseriti né in un percorso scolastico e formativo e neppure impegnati in una attività lavorativa
E come andata durante la pandemia?
Nei primi mesi di implementazione della didattica a distanza, cioè tra aprile e giugno 2020, ben l’8% degli iscritti alle scuole primarie e secondarie non ha partecipato alle video-lezioni. La percentuale aumenta e passa al 23% se consideriamo gli studenti con disabilità.
Negli ultimi anni le capacità di inclusione di alunni con disabilità è fortemente aumentata, colmando un gap importante. Tuttavia la pandemia ha riportato la partecipazione scolastica ai livelli di quattro anni fa, vanificando di fatto i miglioramenti ottenuti.
Le famiglie hanno dichiarato che la didattica a distanza per 4 alunni su 10 al di sotto dei 14 anni di età ha comportato un aumento dei disturbi alimentari e del sonno, abbassamento del rendimento scolastico ed irritabilità e nervosismo.
Sicuramente la pandemia ha avuto degli effetti molto forti sui giovani ed ha colpito in maniera più incisiva le regioni del Mezzogiorno.
Qualche conclusione
L’istruzione ha un effetto protettivo: possedere un titolo di studio più elevato aumenta la partecipazione e la probabilità di essere occupati. Questo effetto sembra essere particolarmente rilevante per le donne. Anche se durante la pandemia questo effetto è venuto meno, essendo state di più queste ultime a soffrire l’aumento della disoccupazione.
Il Mezzogiorno è la macro-regione con il più alto tasso di disoccupazione, anche tra laureati. Nonostante ciò, l’effetto positivo dell’istruzione si rende evidente: il divario nei tassi di occupazione tra laureati e diplomati nella fascia di età 25-64 anni è ampio ed in crescita rispetto al 2008. Raddoppia per gli uomini, passando da 4,6 a 8,9% e da 19,6 a 23,7 punti per le donne.
La pandemia ha acuito il divario e la vulnerabilità che la ripresa moderata cominciata nel 2014 non aveva ancora risolto del tutto. Il calo dell’occupazione della fascia di età 15-64 è stato relativamente più forte per i giovani, per le donne e gli stranieri.
La pandemia ha indubbiamente avuto degli effetti importanti sia sull’istruzione sia sul mercato del lavoro.
Analizzare i dati e quindi proporre dei confronti dell’Italia prima e dopo la pandemia e dell’Italia rispetto agli altri Paesi EU può essere utile a fornire la misura di ciò che possiamo migliorare.