Vi siete mai chiesti quali sono quei dati che le applicazioni digitali non riescono a conteggiare?
Cioè quelle metriche che ogni giorno non riusciamo a visualizzare.
Al NewYorker sì, e ne è uscito un articolo davvero divertente sulla rubrica More Humor.
Ogni giorno infatti, grazie ai dati raccolti dalle applicazioni web, siamo consapevoli di quanti passi abbiamo fatto, quante calorie abbiamo bruciato oppure la quantità delle ore impiegate davanti al computer.
Ma quali sono i dati che le app non riescono a catturare?
Grazie all’intelligenza artificiale abbiamo la possibilità di impostare alcune metriche per calcolare semplici indicatori di performance della nostra vita quotidiana.
Le variabili da conteggiare sono molteplici. I KPI (gli indicatori di performance che ci aiutano a determinare quanto siamo vicini al raggiungimento di un obiettivo strategico), quindi le metriche che scegliamo di utilizzare per misurare le nostre performance quotidiane, che siano sul lavoro oppure sull’attività fisica, possono essere davvero molte.
Alcune applicazioni web ci aiutano addirittura a tracciare i tempi che dedichiamo a ciascuna singola task di un progetto di lavoro oppure di un’attività personale. Sapere se impieghiamo un’ora o 5 a completare un determinato compito giornaliero ci supporta nella pianificazione della giornata.
Quindi, al solito, questi dati, il tracciamento di queste metriche sembrano essere molto utili. Ma ci raccontano veramente tutto?
La risposta è no, e noi aggiungiamo anche per fortuna!
Di seguito alcuni esempi proposti nell’articolo “Metriche di cui sono grato il mio telefono non tenga traccia”. Mai nome dell’articolo fu più azzeccato.
Come ci sentiremmo se ogni giorno ricevessimo una notifica sul costo orario della palestra calcolato in base alle ore che davvero frequentiamo?
Oppure, i km percorsi nelle famose “scarpe di qualcun altro”. La metrica per tutte le volte in cui ci siamo immedesimati in una situazione non nostra e perché no, l’abbiamo anche giudicata.
E sì, l’articolo ne propone molte altre.
Il punto però è un altro!
Tutto quello che facciamo ha un’etichetta precisa?
Tutti questi esempi divertenti ci forniscono lo spunto di riflessione per molto altro.
In questo blog ci occupiamo di dati, e quello che ci interessa è certamente celebrarne l’utilità ma anche capirne i limiti. E perché no, sviluppare un approccio critico.
Non sempre le metriche che impostiamo sui nostri dispositivi elettronici riescono a catturare davvero tutto quello che riguarda la nostra vita.
Se sappiamo che un giorno siamo stati 5 ore davanti al pc, oppure abbiamo impiegato 30 minuti per leggere e comprendere 5 pagine, abbiamo tutte le informazioni complete per sapere se questa performance è ripetibile?
Oppure se si è trattato di un pomeriggio davvero produttivo?
Le metriche non tengono conto infatti di molte altre variabili, che pure intervengono nello svolgimento di questi compiti.
Non sanno infatti se eravamo concentrati, se il nostro umore era buono oppure se c’era qualcosa che ci ha fatto essere più disattenti.
E quindi no, le ore spese per raggiungere un certo obiettivo non sembrano raccontarci poi molto del successo. Ciò di cui tenere conto sono le decisioni e le riflessioni che riusciamo a fare durante quelle ore.
In questo, la famosa citazione di Joseph Conrad sembra calzare proprio a pennello:
“come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?”
La metrica giusta a volte non si misura.